Le immagini dell’Emilia Romagna martoriata dalle alluvioni (e non solo, in questa tragica mattinata del 21 ottobre possiamo constatare altrettante stragi anche in Sicilia e Calabria) sono la cruda realtà di un futuro che abbiamo scelto di ignorare. Ancora una volta, l’emergenza climatica si è abbattuta su di noi con violenza inaudita, confermando le peggiori previsioni degli scienziati. Eppure, mentre le case vengono travolte dalle acque e le vite stravolte, assistiamo a un’assordante indifferenza e a una miopia politica che ci lascia senza parole.
Le piogge torrenziali, un evento ormai prevedibile grazie ai progressi della meteorologia, hanno mostrato l’incapacità del nostro Paese di far fronte a una crisi annunciata. Tombini otturati, sistemi di drenaggio inadeguati, una gestione del territorio spesso scellerata: sono questi i veri colpevoli di una tragedia che si ripete con sempre maggiore frequenza.
Ma non basta incolpare le infrastrutture. Dietro questa catastrofe si nasconde un’altra verità scomoda: la nostra dipendenza dai combustibili fossili. Il riscaldamento globale, innescato dalle emissioni di gas serra, sta alterando il clima del pianeta in modo irreversibile, rendendo eventi estremi come questi sempre più frequenti e intensi. Eppure, continuiamo a investire in un modello energetico obsoleto e dannoso, ignorando le soluzioni che abbiamo a disposizione.
L’alluvione in Emilia Romagna è un monito chiaro e inequivocabile: non possiamo più permetterci di sottovalutare l’emergenza climatica. È ora di agire con decisione e coraggio, investendo in energie rinnovabili, riforestando il territorio, ripensando le nostre città e le nostre abitudini.
Ma la sfida più grande è quella di superare l’inerzia e l’egoismo che ci impediscono di affrontare questa crisi con la serietà che merita. Non possiamo più nasconderci dietro scuse e alibi. Ogni ritardo, ogni decisione sbagliata, costerà vite umane e risorse inestimabili.
L’Italia sta affogando, letteralmente e metaforicamente. È tempo di svegliarsi dal torpore e di prendere le redini del nostro futuro, prima che sia troppo tardi.