Il denaro, un concetto essenziale che veste i panni di mezzo e di fine ultimo nella mente degli uomini. Al giorno d’oggi, con la società entrata in una nuova era evolutiva e l’avvento di Internet, la moneta si è svuotata di significato, cambiando drasticamente gli interessi del consumatore, il suo livello di attenzione e le stesse leggi di mercato. Sarebbe retorico chiedersi quanto i soldi siano importanti in un settore di così grande portata come quello cinematografico, lo si può notare dalla crisi che questo ha attraversato mentre tentava di adattarsi al nuovo presente tecnologico e soprattutto lo si nota dai “flop”. Nel cinema, infatti, ciò che conta davvero, al di là delle iniziative promozionali, è il botteghino, ovvero l’indice di gradimento dell’opera e l’interesse che questa suscita nello spettatore medio. Di fatto, la forma di pubblicità più potente ed affidabile altro non è che il famoso “passaparola”, ovvero il suggerimento dello spettatore qualunque, privo di secondi fini. “Flop” è un termine che fa paura, un concetto esistito dagli albori della società consumistica e la cui frequenza sta raggiungendo un livello esponenziale. Dunque, in parole semplici, l’obiettivo terreno di un film è incassare più di quanto è stato speso per produrlo, un concetto tutt’altro che scontato e Todd Phillips lo sa bene, visto il clamoroso fallimento di “Folie a Deux” (2024).
Cos’è andato storto? Il regista newyorkese ha tentato il colpo grosso (con i rischi che ne conseguivano), tentando di sorprendere con un’opera forse innovativa, ma allo stesso tempo tremendamente vintage, che mal si è adattata al “pubblico 2.0” a cui il film avrebbe dovuto approcciarsi. Nonostante il successo di “La La Land” (2016), i musical sono un profondo salto nel vuoto, un lusso concesso oramai solo alle produzioni Disney e Pixar, ma che difficilmente fanno centro nelle nuove generazioni. Joker, tuttavia, non è il solo ad essere stato brutalmente bocciato al botteghino di quest’anno: la stessa sorte ha colpito film ad alto budget come “Furiosa – A Mad Max Saga”, sequel della pellicola da Oscar del 2015, il disastro firmato Marvel “Madame Web”, il documentario su Amy Winehouse “Back to Black”, ma anche “The Fall Guys” e “Ghostbusters – Minaccia Glaciale”.
Ciò che rende curioso questo settore è che non sempre una disfatta porta un’opera ad essere dimenticata, poiché spesso accade che un flop sia destinato a diventare un cult in un futuro prossimo o lontano. Un esempio incredibile è stato “Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato” (1971), un film di culto che, nonostante all’inizio non abbia attirato poi tanta attenzione, successivamente è entrato nella leggenda. Una citazione che fa illuminare gli occhi ai Millennials è quella de “Il gigante di ferro” (1999), pellicola d’animazione basata sul romanzo di Ted Hughes, il cui valore effettivo si è rivelato anni dopo permettendogli di entrare nei cuori degli spettatori. Tra i debutti fallimentari anche “Donnie Darko” (2001), “Mangia, prega ama” (2010) e “Grindhouse” (2007).
In caduta libera persino “Megalopolis”, la creatura autofinanziata da 120 milioni di dollari di Francis Ford Coppola, che sfida il settore cinematografico con un plot mai visto prima e un cast di alto livello, ma che tra polemiche, promozioni sbagliate e investimenti rischiosi sta precipitando vertiginosamente verso la rovina.
Dunque, non c’è mai pace per la grande industria che, martoriata da scioperi, scandali e un nuovo pubblico esigente, continua a lottare per rimanere in vita. Nel frattempo, le grandi piattaforme di streaming continuano a farsi strada, grazie a costi più bassi e ad entrate fisse. Tutto questo le avvicina, sempre di più, ad un’inquietante forma di monopolio, che caratterizzerebbe la scomparsa definitiva dei cari e vecchi multisala.