DALL’ITALIA
Il 26 luglio 2024 è cominciato il momento più atteso dello sport mondiale, il più discusso e certamente il più seguito. Parliamo naturalmente delle Olimpiadi, una manifestazione a cui le nazionali della pallavolo italiana sono arrivate non senza polemiche, aspettative e… una VNL giocata al meglio.
Se i ragazzi di Fefè De Giorgi hanno espresso un vero e proprio crescendo, nonostante l’eliminazione nella fase finale, la stessa cosa non si può dire delle donne condotte dall’allenatore più iconico del volley, italiano e non solo: parliamo dell’artefice della “Generazione di Fenomeni”, come la definì Jacopo Volpi nel 1994, riallacciandosi a una nota canzone degli Stadio, al secolo Julio Velasco.
Ma come. Egonu e compagne non avevano vinto la Volleyball Nations League, la manifestazione che ha garantito a entrambe le compagini l’accesso ai Giochi di Parigi? Sì, ma il divin Julio è stato ben attento a cantare vittoria prima del tempo, portando l’attenzione sulla squadra e sulla concentrazione, creando gruppo dove, fino a meno di un anno prima, c’erano incertezze, sguardi bassi e troppe chiacchiere.
Nell’era del dopo Mazzanti, Velasco sostiene che la vittoria è sì arrivata ma che le italiane non hanno vinto ancora niente, in realtà, nessuna medaglia che pesa, e non sono le favorite all’oro olimpico. Durante la VNL il percorso sarebbe stato troppo semplice, troppo poco lottato. Troppo poco privo di difficoltà, potremmo dire, pensando a un uomo che da sempre prepara al meglio i suoi atleti a non stare nella zona di comfort, ad allenare il fisico e soprattutto la mente, per farsi trovare pronti ed esprimere più di quello che ci si aspetti.
Un aspetto che ritroviamo nella nazionale maschile con De Giorgi che, come in un suo libro recente, proclama il pensiero di poter essere, in fondo, “egoisti di squadra”. E allora, viene quindi da domandarsi, l’Italia è favorita per una medaglia – la più preziosa – ai tanto attesi e sudati giochi? Forse sì, ma – citando Paolo Conte – “non ci siamo solo noi”. Scopriamo perchè.
L’Italia del volley maschile
Fino a tre anni fa l’uomo di punta della pallavolo maschile era un eclettico ragazzo dagli occhi di ghiaccio e tanto carisma, persino più famoso di Paola Egonu e capace di ridisegnare, con degli aces impeccabili, il percorso verso la finale: erano i Giochi di Rio e quel giocatore tanto acclamato è Ivan Zaytsev.
Partire da lui è doveroso perché è stato l’ultimo escluso illustre della vecchia guardia dal neo allenatore Fefè che, con coraggio, ha aperto le porte a giocatori di talento, ma non conosciuti. Capaci di arrivare dall’A2 e prendersi un europeo e poco dopo un mondiale (cit. Yuri Romanò).
Come arriviamo a queste Olimpiadi, dunque? Prima di tutto con la squadra più giovane del torneo, ma non per questo la meno collaudata. Fatta di luci e ombre ed assenze illustri.
Partiamo dalle certezze. Le certezze sono il 6 + 1 titolare, i nostri campioni. Al palleggio Simone Giannelli, che sotto la guida di Lorenzetti e Anastasi (nel club) e di De Giorgi (in nazionale) si è scoperto attaccante e visionario, meno scolastico e più allegro: merito della banda di giovanissimi che si trova a gestire.
Ci sono poi le bande, ovvero gli schiacciatori-ricevitori. Il più solido è Daniele Lavia, calabrese di Rossano, uomo di equilibrio e giocatore molto tecnico: non stupisce, in fondo, che Mister Secolo Lorenzo Bernardi abbia affermato di vedersi proprio in lui. E poi c’è l’unicorno della pallavolo, Alessandro Michieletto, carisma ed entusiasmo allo stato puro, cresciuto in altezza e personalità, anche se già a 19 anni non difettava di nessuna delle due.
Il potenziale più importante è però al centro, dove Russo e Galassi sono una certezza, tra caratteristiche diverse e solidità in tutti i fondamentali. Peccato per l’assenza di Simone Anzani, il deus ex machina di questa nazionale.
L’opposto è il neo papà Yuri Romanò ed è questo forse il reparto dove siamo più incerti e non per via dello stesso Romanò. Tra gli infortuni di Pinali e Stefani, Fefè ha puntato sul talentuoso Bovolenta, che porta un nome pesante ma ancora, fino in fondo, potrebbe non essere pronto: Zaytsev avrebbe forse fatto comodo, ma questa è un’altra storia.
E arriviamo al libero, silenzioso e grintosissimo: Fabio Balaso. Un nome, una sicurezza. In panchina le sostituzioni al centro forse sono un incognita, ma le bande promettono meraviglie tra Luca Porro, una delle scommesse di questa nuova nazionale – non abbiamo dubbi, ne sentiremo ancora parlare -, e un Mattia Bottolo ritrovato.
Dove arrivano i nostri?
Detto questo, dove può arrivare questa Italia? Premesso che l’ostico inizio contro il Brasile è partito nel migliore dei modi gli uomini di Fefè sono favoriti per una medaglia ma non quella più preziosa, anche se gli azzurri ci hanno abituato a sorprenderci. Le squadre da tenere d’occhio sono la Polonia e la Francia, allenata da un altro fenomeno, Andrea Giani. Ma il livello è alto. Si gioca sul filo del rasoio. Basta una palla per dire “ti amo” o essere fuori.
Egonu e Antropova , pane e fantasia
Julio Velasco è da anni che ha voglia di tornare al femminile. Da quando, per la precisione, la prima avventura non aveva funzionato, pur portando a una riforma che poi, invece, i frutti tanto attesi li ha dati.
Non ci giriamo intorno, le azzurre non sono favorite. Ma come, non abbiamo tante giocatrici superlative? Non abbiamo Egonu e Antropova, non abbiamo vinto la VNL?
Questi i fatti. Egonu è molto più serena sotto la guida di Velasco, Barbolini e Bernardi, che solo a vederli tutti e tre in panchina stordiscono gli avversari. Ha calato in maniera drastica le sue percentuali di errore ed è tutto l’anno che gioca nel club con la palleggiatrice titolare, Alessia Orro di Oristano.
Cos’è che non funziona? Niente in realtà. Al centro siamo messi talmente bene che più di così non si può: con una Fahr guarita dagli infortuni, capitan Danesi splendida e splendente e Marina Lubina braccio di fuoco nessuno ci può fermare.
Carlotta Cambi è una vice-Orro di lusso, precisa e concreta: ha saputo guadagnarsi il posto mettendoci la faccia e tanta voglia. Opposti? Siamo la squadra con più potenziale, tra Egonu e Antropova.
Manca un reparto per renderci pienamente felici ed quello delle schiacciatrici, dove spiccano certamente Sylla e Bosetti, ma abbiamo accusato due perdite importanti: Elena Pietrini, a cui l’esperienza in Russia ha dato alla testa come un bicchiere di Vodka al peperoncino, e la sfortunata Alice Degradi. Ed è con la perdita di quest’ultima che, non ce ne vogliano le altre giocatrici, si sono attenuate le nostre prospettive di vittoria.
Tra Giovannini e Omoruyi, bravissime ma con poco minutaggio nelle gambe, la situazione in posto 4 si fa incerta. Per fortuna c’è l’eterna Moki De Gennaro a riportare un po’ di calma e strabilianti difese: che sia proprio lei il vero asso nella manica di questa nazionale, così silente e così concreta?
Le vere favorite nel femminile
Attenzione al Brasile, ha fatto capire il giornalista RAI Marco Fantasia in un una sua storia su Instagram, con il solito garbo. Ma attenzione anche alle campionesse olimpiche in carica guidate da Karch Kiraly: non staranno certo a guardare.
E poi ci sono tre allenatori italiani che hanno sempre fatto meraviglie. Partiamo dal più vincente, almeno in questo momento: Daniele Santarelli da Foligno con furore (e da Conegliano con vittorie), marito della nostra Moki e campione del Mondo e d’Europa con due squadre diverse. La sua Turchia ancora non ha convinto fino in fondo ma lui ha dimostrato di sapere come gestire la situazione. E poi ha super Vargas, l’asso in più per niente nascosto.
Che dire poi della Serbia di Giovanni Guidetti? Durante la VNL hanno giocato le nuove leve, molte delle quali assenti a questi giochi, ma tra Boskovic, Ognjenovic & friends non si può mai sapere: chiedete a chi ha visto le amichevoli con le azzurre.
E infine, la Polonia di Lavarini. La squadra, forse, meno prevedibile ma la più solida. Noi scommettiamo che andrà a medaglia. Speriamo che le azzurre di Velasco facciano meglio, in fondo, i numeri non mancano con quei tre in panchina e tanti talenti.